Ho sognato un libro che si apra,
come il cancello di un giardino abbandonato
Christian Bobin
Perdersi tra viole, timo e rose
un candore
tipico Ottocentesco.
Il giardino
luogo delle esperienze:
amori, mani sfiorate,
dichiarazioni strappate,
accompagna le vite
nel loro succedersi.
Rettangolare,
esteso,
dalle mille varietà,
ogni fiore
un sentimento;
quello Pubblico
una palestra,
il confronto con gli altri
non solo il cuore,
ma la forza
il coraggio.
Piano piano
il giardino è dentro di noi
siamo noi
anche nel nostro nome
e lo raccontiamo
con i versi e le parole
che meglio riflettono
il sentire lieve,
pungente,
aspro
o avvolgente
come un abbraccio.
Verde, toni pastello
perdersi e viversi in esso
esercizio di vita
per capire quale giardino siamo
cosa è meglio concimare,
la nostra terra è sana ?
siamo pronti per far esplodere
coriandoli di odori e colori ?
Se il giardino cresce
anche la mia anima lo fa,
e quando una panchina
accoglierà
saremo in grado di aprire
quel cancello
che prezioso
ha custodito
il nostro tesoro.
Il mio monito è il giardino selvaggio, colui che sostiene la nostra creatività in maniera razionale. Costruiamo spazi dettati dall’istinto, costruiamo luoghi che riescono a mettere nel “fuori” la nostra estrosità, dove le regole possiamo dettarle noi. Per una volta. E nessun altro.
Giardini di Carta, Évelyne Bloch-Dano, Add Editore